Oggi, 30 giugno 2022, festeggiamo l’ottavo compleanno del processo civile telematico (PCT) e mi sembra giunto il momento di fare un bilancio di questo periodo.
Ha reso più veloci i processi civili?
NO. Vi è un “concorso di colpa”: se da un lato il PCT presenta spesso inconvenienti tecnici di cui parlerò più avanti, dall’altro vi è un pesante fattore umano che coinvolge un po’ tutti gli attori di questo sistema: cancellieri, magistrati e loro ausiliari, clienti e – ovviamente – avvocati. Diciamolo e subito mettiamolo da parte: il personale degli uffici giudiziari è a corto di organico. Vero ma è anche vero che una parte di quel poco che c’è è ancorato alle vecchie routine d’ufficio, alle vecchie procedure e ha storto il naso sin da subito quando gli si è parato davanti “il nuovo processo”. Onore al merito, tuttavia, all’altra parte dei lavoratori degli uffici giudiziari che – al contrario – si sono impegnati per far funzionare al meglio le cancellerie con le nuove metodologie, poiché senza queste persone il PCT probabilmente sarebbe già stato abolito. Non me ne vogliano ma per una pura coincidenza, i più giovani sono quelli che meglio si sono adeguati alle nuove procedure di cancelleria.Gli avvocati hanno ben accolto il PCT?
Dipende. Anche in questo caso si potrebbe fare il tipico ragionamento per cui “i più giovani sono abituati all’uso dell’informatica e lo hanno recepito bene, mentre i più anziani hanno opposto un netto rifiuto”, però la realtà è molto diversa e ciascun avvocato ha accolto il PCT in modo estremamente soggettivo. D’altronde un vecchio adagio afferma che “ogni testa è tribunale” ed è innegabile che ciascun avvocato si sia approcciato al PCT in modo del tutto personale:- l’avvocato che “va bene, da oggi si lavora con il PCT, vediamo come funziona“;
- l’avvocato che “ma non era meglio una volta, quando per il deposito si andava in cancelleria?“;
- l’avvocato che “provo ad adeguarmi: chiamo un Collega esperto del PCT e prendo appunti con carta e penna circa le operazioni da eseguire per depositare una memoria“;
- l’avvocato che “ho studiato per fare l’avvocato, non l’informatico“.
No, Matteo, guarda che ti stai confondendo: nel PCT bisogna firmare i file in CaDES, con il P7M, non con PaDES. Quello è il Processo Tributario… o l’Amministrativo, non ricordo, però abbiamo sempre firmato con il P7M…Tuttavia qui posso anche giustificare parzialmente il Collega: l’avvento degli altri processi telematici nel corso degli anni è stato deleterio perché fatto senza il benché minimo spirito di coordinamento con il PCT o con il PAT (Processo Amministrativo Telematico). Abbiamo persino creato una pagina facebook (“Piattaforma Unica per i processi telematici“) per raccogliere la voce dei Colleghi scocciati dalla moltitudine delle procedure e delle peculiarità che ogni processo telematico impone. Una selva disordinata che non ha fatto altro che alimentare la diffidenza verso i processi telematici – tutti, non solo il civile.
Dunque è colpa del legislatore?
In parte. Diciamo che la principale colpa del legislatore è stata ordinare una rivoluzione senza controllarla da vicino. Facile dire “bene, estendiamo il processo civile telematico a tutto il territorio nazionale” ma difficile è stato realizzarlo bene e in maniera ordinata. Tralasciamo per un momento l’aspetto squisitamente tecnologico: il legislatore ha seguito la sperimentazione da lontano, quasi del tutto indifferente agli sviluppi, e la prova sta nel fatto che si è mantenuto il sistema dei depositi basati su PEC. La distanza del legislatore, inoltre, la ravvisiamo nel tentativo (tipicamente all’italiana) di far incrociare le rette parallele con la speranza che tutto funzioni a dovere; nel PCT, pertanto, ci siamo ritrovati un sistema informatico che si è dovuto adeguare alla bell’e meglio al preesistente codice di rito, mentre la soluzione più logica sarebbe stata lo studio della trasformazione del codice di rito in armonia con la sperimentazione del processo telematico. Avremmo evitato diverse difficoltà, molti intoppi e un crescente odio per la piattaforma dei depositi digitali.Il PCT usa una tecnologia adeguata?
NO! Avrei dovuto scriverlo con un carattere più grande e magari lampeggiante. Il PCT è andato a regime con una tecnologia sostanzialmente vecchia e inadeguata: il meccanismo dei depositi basato sullo scambio delle PEC, una in invio e tre in ricezione, non può che essere il frutto della mente di un burocrate o di un tecnocrate folle o, semplicemente, di un manipolo di ingegneri informatici ministeriali che non si sono avventurati nel proporre investimenti finalizzati alla realizzazione di un’infrastruttura al passo coi tempi, resiliente (perdonatemi per questo termine), sicuro, ridondante e centralizzato. Le responsabilità tecniche per il buon esito di un deposito telematico sono state ripartite tra il gestore della PEC dell’utente e il gestore della PEC ministeriale; poi, in maniera più granulare, i messaggi PEC con i depositi telematici passano attraverso:- il server in uscita del mio gestore PEC – il quale mi rimanda una PEC per l’accettazione e una PEC per l’avvenuta consegna;
- il server centrale ministeriale per i controlli automatici – laddove si genera la PEC con il responso dei controlli (la famosa terza PEC);
- il server localizzato per ciascun tribunale – laddove spetta al cancelliere accettare il deposito e inviare l’ultima PEC al mittente del deposito.