I padroni dell’open source

Matt Mullenweg ha fatto nascere un progetto particolare: un applicazione web per la creazione di blog personali. Erano i primi anni 2000 e il fenomeno del blogging era in piena espansione: i social network moderni erano ancora soltanto un’idea ma gli utenti del Web avvertivano già l’esigenza o il desiderio di comunicare ad altri le proprie idee o di mostrare i propri talenti. Fare blog, a quei tempi, significava dover utilizzare piattaforme altrui, rigide, poco personalizzabili e in grande fuori dal controllo del blogger. Mullenweg e alcuni amici si misero davanti ai computer per iniziare a smanettare con PHP e i database come MySQL con l’obiettivo di fornire un applicativo per la creazione di blog interamente personalizzabili e ospitabili su server propri. Fu fondata una società e la chiamarono Automattic e l’applicativo venne battezzato WordPress.

La principale caratteristica della neonata società è quella di non avere uffici e, pertanto, gli sviluppatori portano avanti il progetto ciascuno dalla propria residenza. Nel corso degli anni WordPress è cresciuto tanto da diventare di fatto lo standard per i CMS (Content Management System) e oggi è alla base di quasi un terzo di tutti i siti web esistenti.

Il successo di WordPress è dovuto principalmente alla semplicità d’uso ma anche al suo essere open source: avere accesso al suo codice e a tutta la documentazione correlata, ha consentito lo sviluppo di un indotto fatto di temi, plugin e servizi aggiuntivi, sia gratis che a pagamento. Oggi Automattic è un’azienda florida e in salute che continua a sviluppare WordPress come se fosse ancora il primo giorno.

Linus Torvalds, studente universitario finlandese domiciliato in un campus statunitense, una sera del 1991 rifiutò l’invito a uscire con il gruppo di colleghi e amici perché era preso da un piccolissimo progetto personale. Linus inviò un messaggio in un newsgroup dedicato a Unix per presentare il progetto e cercare – senza molte speranza – volontari che lo sperimentassero mettendo mano al codice sorgente.

Si trattava di un kernel ispirato al più noto Unix e che ambiva a fungere da alternativa a Minix, ambiente destinato alla didattica ma incapace di gestire i neonati processori a 32 bit. Quel progetto venneben prestato identificato come Linux.

L’essere open source ha permesso a Linux di diventare la scelta principale in due settori tra loro agli antipodi: i server e la piccola elettronica di consumo. Basti pensare che un kernel Linux può essere reperito ovunque in un’abitazione: dallo smartphone Android fino all’aspirapolvere robot. Inoltre, il codice aperto consente di avere kernel personalizzati e costruito ad hoc per compiti specifici come – appunto – la realizzazione dei sistemi operativi che governano i piccoli elettrodomestici.

In questi ultimi tempi questi due grandi innovatori si sono fatti sentire per ribadire un concetto da troppi dimenticato: l’open source è aperto ma non è un Far West.

Sebbene si tratti di vicende tra loro distanti, entrambe sono servite per rimarcare il forte controllo esercitato sui rispettivi progetti.

Giusto o sbagliato che sia, Mullenweg ha attaccato uno dei maggiori hosting provider dedicati per WordPress, WPEngine, accusandolo di lucrare sul progetto di Automattic senza però contribuire attivamente allo sviluppo o al finanziamento della cosa, sfruttando – a detta del CEO di Automattica – le risorse di WordPress.org, limitando le funzionalità per gli utenti finali al solo scopo di pagare meno i servizi di Automattic e inducendo le persone a credere che WPEngine sia una branca ufficiale di WordPress per l’uso della sigla “WP” nel nome. Da lì è nata una battaglia legale ancora in corso e la posizione di WPEngine poggia sull’assunto che: 1) “WP” non è un marchio registrato o protetto da copyright e 2) che WordPress è open source, dunque personalizzabile secondo le diverse esigenze. A Mullenweg questa tesi appare molto forzata poiché WordPress è un progetto open source, evidentemente, ma è l’atteggiamento di WPEngine a ingegnerare confusione nell’utilizzatore finale, sopratutto il meno esperto che vorrebbe avere un piccolo sito web personale e, perciò, si affida a un hosting provider che gli offre un’installazione di WordPress preconfezionata ma non con tutte le funzioni tipicamente disponibili in altre circostanze. Per fare un esempio, WPEngine non consente il tracciamento delle revisioni dei singoli post: questa funzione, infatti, comporterebbe un esborso di denaro di WPEngine verso Automattic perché gli hosting provider WordPress devono eseguire un servizio specifico sui propri server per ptere accedere a simili risorse offerte da WordPress.org.

Per rappresaglia, Mullenweg ha bannato WPEngine dall’accesso a quelle risorse e ha causato la “rottura” di centinaia di siti web che ora non ricevono più aggiornamenti a plugin e temi, né possono sfruttare funzioni erogate direttamente dalla casa madre. Il fondatore di WordPress così ha puntualizzato che sebbene la sua creatura sia open source, esistono dei limiti che un utilizzatore non dovrebbe superare e soprattutto non dovrebbe farlo di un’entità che intende lucrare su quel progetto libero.

Dal canto suo, invece, Linus Torvalds ha assunto una decisione inaspettata per ragioni di natura completamente diverse e non per mere questioni di copyright o di vile denaro. Come un fulmine a ciel sereno, diversi programmatori russi o comunque associabili a indirizzi email .ru sono stati esclusi dalla lista di maintainers del kernel Linux. Una decisione che per Torvalds è sacrosanta perché permette alla Linux Foundation di ottemperare alle disposizioni del governo USA riguardo le sanzioni imposte alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina; tuttavia, sono tante le persone che si chiedono se fosse davvero necessario, considerato che parecchi di questi programmatori contribuiscono da anni al progetto e sono ritenuti affidabili e leali. Nulla da fare: nei pochi messaggi di spiegazione inviati da Linus Torvalds si capisce che si tratta di una decisione presa soprattutto per proteggere il progetto stesso e, con ciò, si alimentano anche i dubbi (legittimi) di chi pensa che Torvalds sia al corrente dell’inserimento di codice inquinato a uso e consumo del governo russo.

Le parole del fondatore, d’altronde, non sono facilmente equivocabili quando usa espressioni tipo “abbiamo tolto troll russi dalle scatole” oppure “sono finlandese: davvero credevato che avrei appoggiato l’aggressione russa?” Ecco, quindi, che pure in queste circostanze si capisce quanto i progetti open source debbano essere più controllati di omologhi progetti closed source. Libertà di attingere al codice, modificarlo, fare un fork e redistribuirlo, non equivale al dire “è libero e ci faccio quel che mi pare“: anche l’open source ha le proprie regole, le proprie direttive e le proprie discipline.

Per fortuna, ha anche dei padroni che, per lucro o per amore, sono pronti a prendere decisioni impopolari per proteggere le loro realizzazioni.