Era appena il 7 novembre 2024 quando scrivevo dell’impatto sulle big tech della rielezione di Trump con Elon Musk alle sue spalle ma l’inizio del 2025 non sembra voler smentire quanto avevo soltanto ipotizzato: le Big Tech stanno affiancando Donald Trump e lo stanno facendo prim’ancora che questi sia effettivamente insediato come Presidente degli Stati Uniti d’America e lo scenario che ci si sta parando davanti è uno dei più foschi immaginabili, qualcosa che nemmeno la fervida immaginazione di Philip K. Dick avrebbe potuto riversare in uno dei suoi racconti fantascientifici.
Se pensiamo che le BIg Tech oggi siano soltanto grosse industrie tecnologiche che ci forniscono i prodotti e i servizi che usiamo quotidianamente, ci sbagliamo di grosso.
L’ascesa di Elon Musk a braccio destro di Trump (se non qualcosa di più) è iniziata con l’acquisto di Twitter e con il capovolgimento di ciò che Twitter era. Facciamo un passo indietro, fino al 6 gennaio 2021: Joe Biden vince le elezioni presidenziali negli USA e Trump, anziché riconoscere la sconfitta (come prassi vorrebbe), fomenta i suoi fan più estremi (i cosiddetti “MAGA” dal motto Make America Great Again) e sfrutta Twitter per lanciare messaggi provocatori che parlano di “furto”, di “sospensione della democrazia” e di “brogli elettorali ai suoi danni”. In men che non si dica una folla di invasati assalta Capitol Hill, sede del Congresso federale.
In risposta al comportamento di Trump, lo staff di Twitter di allora prese la decisione di bannare a tempo indeterminato l’account personale dell’ex Presidente. Quella decisione provocò numerose discussioni circa l’opportunità che un’azienda privata, proprietaria di quella piattaforma, decida di togliere la “voce” a un personaggio ingombrante e conosciuto come Trump; da alcune parti si è persino giunti a tirare in ballo il termine “censura” ma alla fine dei conti, Twitter non fece altro che applicare il proprio regolamento riguardo l’uso di un linguaggio che incita l’odio e/o la violenza.
Libertà d’espressione.
Questa locuzione diventerà una buzzword, una parola chiave che negli anni successivi diverrà uno dei capisaldi della riscossa dei sostenitori MAGA, dello stesso Trump e di alcuni personaggi che sono emersi nella più assoluta indifferenza fino ad autoproclamarsi proprio come paladini della “libertà d’espressione”.
Purtroppo Twitter già non navigava in buone acque sotto l’aspetto finanziario ed era a un passo dal fallimento definitivo quando intervenne Elon Musk a salvare la piattaforma nel 2022; acquistata per 44 mliardi di dollari, Twitter venne letteralmente stravolta dalle fondamenta da Musk in persona. Il nuovo padrone si presenta bene e licenzia immediatamente 3000 dipendenti e provoca quella che venne definita la prima Twittermigration verso Mastodon, social network decentrato e non controllato da un’azienda multinazionale – qui un primo resoconto.
Fra le migliaia di decisioni prese dalla sera alla mattina, Musk inserì anche quella di riabilitare diversi account che la vecchia Twitter aveva bloccato: si trattava di una serie di profili di estremisti di destra americani e di altri soggetti conosciuti per la pubblicazione di tweet sul confine tra odio, razzismo, misoginia e suprematismo bianco. Secondo Musk, infatti, tutte quelle persone erano “vittime della censura” e proprio in quella circostanza, il nuovo proprietario del social network affermò che “Twitter sarebbe tornato a essere un luogo in cui vige la libertà d’espressione“. Si appropriò così della buzzword della libertà d’espressione e i suoi numerosi ammiratori, affascinati dal carisma che lui riesce a esprimere per ammaliare le persone, hanno recepito quella buzzword come una specie di parola d’ordine. Oggi se provi a zittire un Trumpiano o un Miuskiano o un qualunque altro sostenitore di un qualunque altro esponente di questa nuova classe dirigente, ti sentirai rispondere che vige la “libertà d’espressione”, anche in casi in cui il linguaggio scade pesantemente nel razzismo, nella xenofobia, nella misoginia, nel classismo o nel più generale odio.
La libertà d’espressione è sacrosanta ma per Musk è sacrosanta finché qualunque non esprime dissenso nei suoi confronti: in quella situazione, quindi, il dissenso si trasforma da libertà d’espressione in censura.
Agendo su questa leva psicologica, forzando l’idea della libertà d’espressione tolta all’ex Presidente Trump, con una mossa degna del peggiore Ponzio Pilato Musk ha avviato un sondaggio-farsa su Twitter per chiedere agli utenti se avrebbe dovuto riattivare l’account personale di Donald Trump. E naturalmente il sondaggio ha avuto esito favorevole alla riabilitazione, tanto che il nuovo padrone di Twitter ha commentato l’esito con questo tweet:
La scalata di Elon Musk al Governo degli Stati Uniti d’America è iniziata là, in quel momento, e non gliene è fregato minimamente dell’esodo di massa degli utenti verso Mastodon, prima, e verso il neonato Threads, dopo. In due anni Musk ha letteralmente corteggiato Donald Trump fino a sostenerlo attivamente nella campagna elettorale del 2024.
In quiesto lasso di tempo, però, Musk ha avvicinato (e affascinato) tutti i leader mondiali di destra (Orban in Ungheria, Milei in Argentina, Meloni in Italia per citarne alcuni) e ha posto le basi per costituire una sorta di “Internazionale di destra tecnocratica”.
Pausa.
Trump vince le elezioni. Musk viene ricompensato con una carica in seno al nascituro governo. All’improvviso quelle che erano soltanto delle aziende ipertecnologiche si trasformano in soggetti di rilevanza politica: si scriverà NASA, si leggerà Space X – ma non solo.
In nemmeno sette giorni del nuovo anno abbiamo avuto l’esempio di come sia in atto un nuovo corso: dapprima Bloomberg annuncia che la visita “a sorpresa” (davvero?) della Meloni a Trump è servita a sbloccare un accordo del valore di 1.5 miliardi con cui Space X fornirebbe al governo italiano un sistema sicuro e criptato per le comunicazioni riservate e militari. La nostra Presidente del Consiglio e il suo entourage si affannano a smentire l’esistenza di un qualsiasi accordo del genere, soprattutto dopo che è montata la polemica riguardo l’opportunità di mettere nelle mani di un soggetto privato estero le copmunicazioni di sicurezza nazionali, però Musk ha replicato con dei tweet che sembrano fornire indicazioni diverse e, cioé, che effettivamente ci siano delle conversazioni in corso su questo argomento.
Musk oggi è benm più che un imprenditore: le sue aziende sono diventate soggetti politici a tutti gli effetti, in grado di produrre effetti in qualsiasi Stato alla cui guida ci sia un leader amico – come Giorgia Meloni – fatto che induce lo stesso Musk a tweettare giudizi sull’andamento di affari interni, come nel caso dei giudici del TAR del Lazio che hanno bocciato per la seconda volta il provvedimento governativo per il trasferimento dei migranti nel lussuoso centro d’accoglienza che abbiamo costruito in Albania.
Un’ingerenza tale da far intervenire il Presidente Sergio Mattarella in persona!
Come se Musk non bastasse, il 7 gennaio 2025 anche Mark Zuckerberg ha fatto cadere la maschera e si è apertamente lanciato ad abbracciare il Presidente rieletto comunicando che Facebook, Instagram e altri prodotti Meta abbandoneranno il fact-checking negli Stati Uniti e al suo posto subentrerà un sistema di annotazioni che la Community potrà applicare ai contenuti; inoltre, Zuckerberg ha affermato che tutto il team di moderazione verrà trasferito dalla California al Texas e che collaborerà con il Presidente Trump per respingere ogni forma sospetta di censura nei confronti delle aziende americane come le sue. In parole povere, Zuckerberg sta tentando di imitare Muskl per entrare anche lui nella stanza dei bottoni (naturalmente per un tornaconto personale).
In poche parole, anche Zuckerberg ha tirato in ballo la buzzword “libertà d’espressione”, principio cui vorrebbe far tornare le sue piattaforme sociali. Abbiamo già visto questo film con Twitter/X: senza una moderazione puntuale e autorevole vi sarà uno tsunami di teorie del complotto, disinformazione, razzismo, odio e tutto quel che sta già soffocando la piattaforma di Musk.
Un’orda di barbari ignoranti e spregevoli sta per invaderci attraverso le moderne tecnologie e noi glielo stiamo permettendo perché ci siamo assuefatti a queste tecnologie e non abbiamo molte alternative al loro uso. Presto anche i CEO delle altre big tech usciranno allo scoperto e faranno le stesse mosse, soprattutto se hanno il controllo dei media (come Jeff Bezos che è proprietario del Washington Post, se non pro Trump non sicuramente contro di lui).
La neutralità delle Rete e del Web è finita (e non da oggi) ma rischiamo di vedere effetti negativi anche nella vita di tutti i giorni: ci stanno invadendo come barbari.
Sono i tecnobarbari e faranno danni.