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Cyberbullismo: battiamolo con la sicurezza informatica.

Fra pochi giorni milioni di studenti torneranno nelle scuole e si scontreranno – anche in quest’anno scolastico – con gli annosi problemi delle scuole, le carenze strutturali, cattedre vuote in attesa che si proceda alle nomine dei docenti supplenti, arretratezza tecnologica diffusa.

Studentesse e studenti tornare a scontrarsi anche con un problema molto grave del quale sembra che se ne parli poco nell’ultimo periodo: il cyberbullismo.

Esso è una piaga ormai onnipresente e diviene ogni anno più subdola e strisciante come una serpe: le tecnologie progrediscono, le azioni nocive si moltiplicano ma la Scuola sembra non essere in grado di prevenire simili fenomeni.

Eppure il MIUR ormai da tanti anni ha preparato una serie di linee guida per la lotta al bullismo/cyberbullismo; l’ultimo aggiornamento di queste linee guida è appena del 2021 e, tra le tante innovazioni, invita l’intera comunità scolastica a fare informazione e, soprattutto, formazione per studenti, famiglie, personale ATA, docenti e dirigenti.

L’aggiornamento del 2021 parla chiaramente e indica che tali percorsi formativi possono anche essere organizzati con l’ausilio di figure professionali esperte di questo settore ma, purtroppo, sembra che molte scuole preferiscano organizzare il tutto in-house sfruttando le conoscenze del docente considerato più esperto.

Il punto è che le stesse linee guida sostengono che detti percorsi formativi debbano necessariamente comprende nozioni di sicurezza informatica, un argomento che troppo spesso viene trascurato per favorire un mero impulso educativo comportamentale, cioè si preferisce spiegare cosa è sbagliato e cosa è giusto e come comportarsi conseguentemente. Data così è un’informazione corretta, sì, ma incompleta perché il bullismo sfrutta le tecnologie informatiche per veicolare azioni nocive; in più, sempre a causa dell’uso delle moderne tecnologie informatiche, dette azioni nocive trovano supporto e condivisione attraverso social network e applicazioni per la comunicazione. Dunque, parlare di sicurezza informatica nelle scuole dovrebbe essere obbligatorio.

Ribadisco il concetto: sono le stesse linee guida del MIUR a richiedere maggiore attenzione sui temi della sicurezza informatica.

Scriviamolo qui nella speranza che questo articolo finisca sotto gli occhi di qualche dirigente scolastico o di qualche docente: quando parliamo di sicurezza informatica, non dobbiamo pensare al tizio incappucciato che lavora nello scantinato, in penombra, per cercare di violare i computer di un ministero o di una banca. Gli aspetti della sicurezza informatica sono molteplici e riguardano, ormai, la vita quotidiana di chiunque.

Agli studenti andrebbe spiegato in maniera semplice ma ficcante, con esempi alla mano, quali operazioni e quali comportamenti dovrebbero essere evitati per non esporsi ai rischi della Rete; si dovrebbe spiegare loro che certe applicazioni o certi siti web non dovrebbero essere utilizzati, sebbene la cd. “massa” li abbia fatti diventare di tendenza; altresì, si dovrebbe spiegare loro anche che hanno in mano splendidi gioielli tecnologici che in un secondo possono trasformarsi in pericolosi strumenti di offesa per altre persone e per sé stessi.

Spiegare che il vero anonimato in rete non esiste non dovrebbe essere il punto più alto di una spiegazione, anzi dovrebbe essere il punto di partenza del percorso formativo, poiché dall’errata concezione dell’anonimato online, discende la maggior parte delle azioni nocive che si sono registrate sin qui.

Personalmente negli ultimi tre anni, coadiuvato da brillanti Colleghi, ho avuto la possibilità di parlare a molti studenti delle scuole mia città e sono stati sempre incontri molto interessanti perché si iniziava con argomenti specifici e dopo, inevitabilmente, si finiva a parlare dei rischi in rete in tutte le loro declinazioni – compresi i fenomeni gravi come il cyberbullismo.

A dispetto di quel che pensano molte persone, ragazze e ragazzi vogliono conoscere, vogliono sapere e non si accontentano della solita, sterile, filastrocca “questo si fa, questo non si fa”, se ogni anno li costringiamo a sentire ogni anno una lezioncina sul cyberbullismo identica all’anno precedente, nel 90% dei casi smetteranno di seguire dopo cinque secondi. I ragazzi oggi vivono alla velocità di TikTok: bisogna catturare a loro attenzione in dieci secondi sennò perdono interesse alla discussione e non approfondiranno mai i dettagli di un argomento così complesso.

Non sottovalutate i nostri studenti: iniziate a parlare la loro lingua per spiegare perché la lotta al cyberbullismo passa prima di tutto dalla corretta comprensione di cosa sia la sicurezza informatica.

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